RECENSIONI: CUORE CAVO

 cuore-cavo“Cuore Cavo” di Viola di Grado, edito e/o, esplora un tema non originale, cosa accade dopo la morte, in modo originale: dopo un incipit bellissimo, veniamo trascinati in una scrittura “ossessiva”, ricca anche se immobile nel ripiegarsi su se stessa, in cui i tratti della trama rimangono esili rispetto al dolore che si fa carne e scrittura. É il corpo morto suicida della 25enne Dorotea a parlare, è il suo corpo in putrefazione e in espansione nell’universo – visitato dalla sua stessa un’anima – a dilagare letteralmente nel testo, e quindi nel mondo. Con questa premessa iniziale inizia il romanzo: la morte di una persona contagia la morte del mondo. Questa scrittrice, ancora una volta – e meglio – ci porta nel fondo dell’abisso del “dentro”, della depressione, dell’incomunicabilità, dell’ineluttabilità delle cose. Eppure, sembra dirci il romanzo, una voce c’è, non una possibilità, ma una voce che può ancora sopravvivere al disfacimento, come una testimone inutile dell’universo, ed è questa voce che si incarna e risuona ogni volta che poggiamo il libro.