Fuoco al cielo

C’era una volta in un remoto villaggio della Siberia un uomo e una donna che si innamorarono di un amore impossibile… Sembra l’inizio di una fiaba incantata persa da qualche parte al nord, in un nord di ghiacci e possibilità.
Invece no: l’amore è contaminato, così come tutto e tutti sono avvelenati perchè in quel luogo (Musljumovo, remoto villaggio al confine con la Siberia – una delle “città segrete” realmente esistite nell’URSS) ben tre catastrofi nucleari vi si sono abbattute. Tutto cade a pezzi nel villaggio, tutti sono malati, il fiume è veleno, l’amore si può giocare solo in un binomio di passione e violenza senza tregua, le nascite impossibili o mostruose. In questa cornice in cui la catastrofe è già avvenuta e il presente non può che esserne una perpetua conseguenza, le vite umane, degli animali e persino degli oggetti sono animate dal veleno. Esiste, in questo disastro, una possibilità d’amore? Se esiste certamente non è nel prevedibile e nel conosciuto: sta nel mistero (un essere mostruoso ma vivo nel bosco) e nella sua totale impossibile accettazione. Un romanzo che ci costringe a riflettere sulla tossicità delle relazioni, sulle conseguenze della distruzione ambientale, sulla malattia e il mostruoso.  Di Grado – dopo 70 acrilico 30 lana, cuore cavo e bambini di ferro – ci incolla a quest’ultimo romanzo assolutamente originale nei temi, mostruoso nelle vicende e potentissimo nella lingua e nello stile.