26 dicembre: ricicla il tuo regalo

1477600_10201263684009768_1833608575_nSe avete ricevuto regali orribili, se siete stanche di tavolate di parenti, se volete tornare ad una socialità ordinaria, passate da Tuba a riciclare doni sgraditi, a bere un bicchiere di vino e ad ascoltare buona musica.

17 dicembre: il lato oscuro degli uomini

IL LATO OSCURO DEGLI UOMINI
La violenza maschile contro le donne.
Modelli culturali di intervento

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Presentazione del libro a cura di
Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini

Roma, martedì 17 dicembre, ore 18.30

Le curatrici ne parlano con

Valentina Faraone, giornalista

Jones Mannino, Maschile Plurale

Interviene la Cooperativa Befree

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, esce per la collana Sessismoerazzismo un libro che analizza profili, comportamenti, ragioni e vissuti degli uomini autori di violenze sulle donne e di femminicidio.
Chi sono? Perché sono violenti? Come intervenire?
Inasprire le norme non basta. Bisogna agire sui modelli culturali fondati su quegli equilibri patriarcali di potere contro i quali hanno lavorato fin dagli anni Ottanta

i Centri antiviolenza e le Case per donne maltrattate.
Comprendere che la violenza sulle donne 
è prima di tutto un problema degli uomini, tutti, significa spostare l’attenzione dalle vittime agli autori. Nel volume vengono censite per la prima volta in Italia le esperienze d’avanguardia rivolte agli uomini violenti – nelle carceri e nei centri, pubblici e privati – in Italia e all’estero.

Violenza contro le donne: cosa si sta facendo in Italia? Inasprire le norme repressive e isolare i comportamenti violenti maschili facendone casi eccezionali, patologici, lascia inalterati i modelli culturali fondati su radicati equilibri patriarcali. Per capire davvero le ragioni profonde del femminicidio bisogna analizzare le ragioni degli autori delle violenze. Spostare l’attenzione alla «questione maschile» che tutta la violenza di genere sottende.

Il volume coglie questo cambiamento di ottica attraverso un censimento delle esperienze rivolte agli uomini violenti e offre un quadro di programmi sviluppatisi a livello internazionale, cui le realtà italiane fanno riferimento. Nella seconda parte sono presentate le riflessioni e le proposte di studiosi e studiose e le esperienze di operatrici e operatori con ruoli professionali diversi.

18 dicembre: massaggio e vino

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Vieni a coccolarti con un massaggio e un bicchiere di vino.

Il massaggio si svolge su sedia ergonomica e dura circa 15 minuti.

Pacchetto benessere (massaggio + vino) a soli 10 euro.

19 dicembre: miti romani

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Dalle 17.30 Presentazione di Miti Romani 

con Carola Susani e Rita Petruccioli.

Da Giano alla nascita di Roma, il racconto dei segni e dei prodigi che accompagnano la fondazione della città fino alle storie eroiche che celebrano la libertà e la virtù dei cittadini romani. Miti e leggende di cui ancora si può avvertire l’eco, passeggiando nella città eterna. Età di lettura: da 7 anni.

 

Natale 2013: nostri preferiti

 

Clara Uson “La figlia”

la figliaUna riflessione sulla recente storia europea, sul male assoluto che si annida nel suo cuore. Il racconto della vita di una ragazza che ha tutto, talento, bellezza, l’amore incondizionato del padre. Un padre, Ratko Mladic, il «Boia dei Balcani», accusato di genocidio. Ana è una ragazza estroversa, allegra, brillante, con un futuro pieno di promesse. È la migliore alunna del suo corso di medicina a Belgrado, è amata dagli amici, è la prediletta e l’orgoglio di suo padre, il generale Ratko Mladic, che lei ricambia con una adorazione assoluta. Un viaggio a Mosca è l’occasione di passare alcuni giorni spensierati, in giro per una grande città, con il solo pensiero di divertirsi. Invece al ritorno Ana è cambiata. È triste e taciturna. Una notte afferra una pistola, quella a cui il padre tiene di più, e prende una decisione definitiva, che segnerà per sempre la vita della sua famiglia. Ha solo ventitré anni. A Mosca, tra corteggiamenti e feste, in compagnia degli amici più cari, Ana scopre il volto nascosto del padre, per lei un eroe, per tutti un criminale e una belva feroce, responsabile dei maggiori eccidi del dopoguerra: l’assedio di Sarajevo, il massacro di Srebrenica, la pulizia etnica in Bosnia. Clara Usón, in un romanzo potentissimo che la consacra come una delle grandi scrittrici europee, si immerge in una vicenda di forza shakespeariana mantenendo un perfetto equilibrio tra i dati storici e la creatività letteraria, per scrutare nella follia del male, dell’amore, e nel labirinto emotivo dell’infinità di voci e congetture raccolte in tre anni di ricerche.

Rosella Postorino ” Corpo docile”

Milena è nata in galera e lì è vissuta fino a tre anni. Oggi ne ha ventiquattro e si prende cura dei bambini reclusi, come Marion. Marion sarà presto strappato alla madre detenuta con cui vive. Milena conosce quel dolore e farebbe di tutto per evitarglielo. Eugenio invece fa parte della sua vita fin dall’inizio: era il “fratello” con cui dividere il sonno, è stato l’amico che non aveva mai paura, è diventato il suo amante. L’incontro con un giornalista che vuole parlare dei bambini in carcere è il terremoto che fa tremare le mura dietro cui Milena si protegge da sempre. Il giornalista è intenzionato a forzare ogni porta, vuole liberarla, o solo averla. Ma quando sei nata in galera, anche l’amore può diventare una minaccia. Rosella Postorino racconta la gabbia delle nostre esistenze “separate e inconciliabili”, e insieme la felicità furiosa dei corpi che si toccano. Scrive un romanzo di esclusione e tenerezza, dove ogni nido cova violenza, ma il tentativo di salvare un altro essere umano è l’unico modo per salvare se stessi.

Alicia Gimenez-Bartlett “Segreta Penelope”

Un gruppo di amici si ritrova al funerale di una di loro, Sara, donna libera, allegra e spensierata, che si è tolta la vita a cinquant’anni. E nei loro ricordi il racconto della vita di Sara e la riflessione sulle scelte della generazione spagnola da poco uscita dal franchismo.

 

 

 

Veronica Raimo ” Tutte le feste di domani”

I coniugi Falsini, che all’inizio degli anni Novanta devono capire come ristrutturare il loro appartamento, dodici anni prima erano soltanto Alberta e Flavio. Lei una studentessa affascinante, povera e testarda, che si sta per laureare, lui un brillante e facoltoso professore di Estetica membro della commissione di laurea. Alberta cela dietro i ricattatori occhi turchini la capacità di mettere in scacco le abitudini della vita, e trasforma la sua discussione in un teatro dell’assurdo con una scena muta volontaria. Sa di prendere un votaccio ma anche di aver sedotto per sempre Flavio, colui che nel giro di un anno si ritroverà a essere suo marito. Così, per incanto o per calcolo, Alberta passa dalla vita di una comune di spiantati alla molleggiata pace borghese, dove tutto sembra una compiaciuta e terribile rappresentazione. Ma Alberta ha un’arma in più, una specie di dono, un’irresistibile eccentricità in grado di far fibrillare il senso di qualunque abisso di noia. Se decide di tradire Flavio per conoscere di quali storie si nutre il mondo, gettandosi tra le braccia di Carsten, un giovane e sfuggente scrittore americano, è per dar forma a quello che nella sua testa è un fantastico romanzo d’amore. Eppure nulla è certo in questo romanzo, perché tradimento e complicità sono due facce della stessa delirante ambizione: trasformare la propria esistenza in una partita a carte in cui ogni avversario è convinto di essere un compagno di gioco.

Claudia Pineiro “La crepa”

Nella vita da uomo qualunque dell’architetto Pablo Simó c’è una fessura inconfessabile, una crepa che gli tormenta la coscienza: Nelson Jara. Forse era solo un piccolo truffatore, una “canaglia”, ma anche Pablo Simó sa di essere una canaglia, nonostante l’apparenza di irreprensibile professionista e buon padre di famiglia. Come una crepa che si allunga e si allarga, tutte le piccole certezze quotidiane di Pablo si sgretolano: una giovane donna che sembra sapere chissà cosa su Jara scatena in lui un’attrazione dirompente, la famiglia va in frantumi, il lavoro diventa insopportabile, e passo dopo passo la tentazione di essere canaglia fino in fondo lo travolge. Ancora una volta Claudia Piñeiro ci narra i piccoli inferni di una variegata umanità, nella monumentale Buenos Aires invasa dal cemento delle speculazioni edilizie dove l’apparenza, più che mai, inganna.

Adriana Lisboa “Blu corvino”

A dodici anni, Vanja perde la madre ed è costretta a lasciare Rio de Janeiro per trasferirsi a Denver, in Colorado, a casa di Fernando, l’ex marito della madre. Lì la bambina brasiliana scopre per la prima volta la neve, il freddo intenso, il gracchiare desolato dei corvi e le strade larghe senza ombra, diventando una “latina”. Grazie a Fernando, però, Vanja ricostruisce anche il passato della madre e il dramma della dittatura militare che, in un modo o nell’altro, con i suoi orrori, ha segnato la vita di un’intera generazione di brasiliani. Insieme a Fernando e a Carlos, un piccolo amico salvadoregno, Vanja attraversa gli Stati Uniti alla ricerca del padre biologico e delle proprie radici, finendo con il reimpossessarsi della sua storia nel momento stesso in cui questa smetterà per lei di avere importanza.

Assia Petricelli e Sergio Riccardi “Cattive ragazze”

15 ritratti di donne narrati in questa graphic novel ciascuna a mostrare il coraggio e la forza delle proprie idee. Il libro è inoltre stampato con caratteri concepiti per chi ha difficoltà di lettura. Una storia di piccole e grandi rivoluzioni da ricordare o da scoprire.

 

 

 

 

Loredana Lipperini “Di mamma ce n’è più d’una”

Il Palazzo d’Inverno di Pechino era luogo di meraviglie e splendore. Ma il suo nome era anche Città proibita. L’imperatore della Cina, che deteneva il potere più alto, era prigioniero del suo palazzo, proprio in virtù di quel potere. Anche la maternità è un Palazzo d’Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. Per secoli, anzi, è stato l’unico potere concesso alle donne, e oggi torna a essere prospettato come il più importante: l’irrinunciabile, anzi. Lo ribadiscono televisione, giornali, libri, pubblicità, blog: perché volere tutto se si può essere madri, possibilmente perfette? Alle donne, in nome del nuovo culto della Natura, si chiede dolcemente di allattare per anni e di dedicare ogni istante del proprio tempo ai figli: si dice loro che tornando a chiudersi in casa, facendo il sapone da sole e lasciando libero il proprio posto di lavoro salveranno il paese, e forse il mondo, da una crisi economica devastante. Oppure, se proprio vogliono lavorare, devono diventare “mamme acrobate” in grado non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma di farlo con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta, magari per raccontarsi su blog che sono il territorio di caccia preferito per tutte le aziende che producono passeggini e detersivi. Intanto, nell’Italia dove il mito del materno è potentissimo, per le madri si fa assai poco sul piano delle leggi, dei servizi, del welfare, dell’occupazione, dell’immaginario: e nella riproposizione dei cliché sembra profilarsi per le giovani donne quella che potrebbe non essere più scelta, ma Destino. Ma invece di unirsi, le donne si spaccano. Le fautrici dei pannolini lavabili contro le “madri al mojito”, che non disdegnano una vita sociale e lavorativa accanto agli impegni genitoriali. Le madri totalizzanti contro le madri dai mille impegni. Natura contro cultura. Femminismi contro femminismi, anche…

Auður Ava Ólafsdóttir “Rosa Candida”

– Dài, dimmi qualcosa.
– Muschio.
– Mm, carino.
Appena pronuncio la parola, mi rendo conto di essere nei guai: impensabile affrontare un tema del genere in una chiacchierata. Al massimo, riuscirei a elencarne varie tipologie, di muschio, ma non sarebbe piú un dialogo.
– E com’è, questo muschio?
Se avessi la possibilità di esprimermi liberamente, spiegherei all’astro nascente del grande schermo che il muschio è una spugna filamentosa e che fatichi da matti a camminarci sopra. I primi passi non sono un problema, ma attraversare un intero campo di lava ricoperto di muschio è come camminare tutto il giorno su un tappetino da palestra, con il piede che affonda. Dopo tre o quattro ore di passeggiata sul muschio, il tendine di Achille tira per lo sforzo e i muscoli sono indolenziti: peggio che scalare una montagna. Se strappi un po’ di muschio, si forma una specie di ferita nella terra, e la polvere ti vola negli occhi.
Mi piacerebbe dirle qualcosa d’inusuale, qualcosa che nessuno le ha mai detto prima, ma le mie conoscenze linguistiche non mi permettono grandi voli. Certo, potrei descriverle le diverse tonalità di colore del muschio o l’odore che sprigiona appena smette di piovere. Ma non vorrei che questi le sembrassero solo pretesti per far prendere una piega sentimentale al nostro discorso. Non vorrei che le sembrassero i prodromi di una proposta. E siccome non intendo proporle proprio un bel niente, mi limito a proferire una frase che sono in grado di padroneggiare dal punto di vista sintattico: – Una pianta simile a un tappetino da palestra.

Natale 2013: le novità di Tuba

Alice Munro “Danza delle ombre felici” – Vincitrice del premio nobel per la letterature del 2013.
munro«Mi resi conto che alcune cose dovevano essere scritte da me». Sono le parole di Alice Munro a proposito di Danza delle ombre felici, la sua prima raccolta di racconti, pubblicata nel 1968. Vi si trovano i personaggi, i luoghi, le situazioni e le case, i sentimenti e le cose che, decennio dopo decennio, hanno saputo ricostruire un mondo la cui mappa imperfetta contiene il movimento del tempo e la cruda bellezza di ogni vita. Oggi Alice Munro ha percorso la miriade di sentieri indicati dalle sue storie. Questo libro segna l’inizio del cammino. Tanto basterebbe per farne una tappa cruciale nell’opera di una grande autrice che parla sottovoce e che sottovoce ci ha svelato, senza mai sciuparli, molti dei suoi segreti e quasi tutti i nostri.

Elena Ferrante “Storie di chi fugge..” – Terzo volume della trilogia L’amica geniale.
Elena FerranteElena e Lila, le due amiche la cui storia i lettori hanno imparato a conoscere attraverso “L’amica geniale” e “Storia del nuovo cognome”, sono diventate donne. Lo sono diventate molto presto: Lila si è sposata a sedici anni, ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e l’agiatezza, lavora come operaia in condizioni durissime; Elena è andata via dal rione, ha studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato un romanzo di successo che le ha aperto le porte di un mondo benestante e colto. Ambedue hanno provato a forzare le barriere che le volevano chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione. Ora navigano, con i ritmi travolgenti a cui Elena Ferrante ci ha abituati, nel grande mare aperto degli anni Settanta, uno scenario di speranze e incertezze, di tensioni e sfide fino ad allora impensabili, sempre unite da un legame fortissimo, ambivalente, a volte sotterraneo a volte riemergente in esplosioni violente o in incontri che aprono prospettive inattese.

Carol Oates “Storia di una vedova”.

Storia di una vedova

È una mattina di febbraio del 2008, e Joyce Carol Oates porta il marito sofferente al pronto soccorso del Princeton Medical Center, dove gli viene diagnosticata una polmonite. Confidando in una dimissione da lì a un paio di giorni, la coppia non si aspetta quello che sta per arrivare: a causa di un’infezione contratta in ospedale, Raymond Smith muore inaspettatamente lasciando sola sua moglie. Storia di una vedova esplora la lotta di una donna che si trova ad affrontare la vita senza il compagno che l’ha sostenuta, amata, persino formata, per cinquant’anni. Joyce Carol Oates racconta con lucidità, rigore, nitidezza, persino ironia, il tempo del dolore, del vuoto, del disorientamento, del caos di incombenze generate dal decesso; ma racconta anche il tempo dell’amicizia vera che conforta, del coraggio e della forza d’animo.

Joyce Lussu “Il turco in Italia”

Il turco in Italia – Joyce Lussu

Quando nel 1958 Joyce Lussu e Nazim Hikmet si incontrano per la prima volta a un congresso per la pace a Stoccolma, lei non conosce una parola di turco, lui si esprime in un francese sgrammaticato e fantasioso. Eppure Joyce, attraverso la conoscenza diretta del mondo ideologico, etico, estetico e psicologico di Hikmet, delle esperienze che l’hanno formato, degli autori che lo interessavano, della sua famiglia, dei suoi amici e dei suoi nemici, è stata la prima traduttrice italiana del più importante poeta turco del Novecento.
Attraverso quest’agile e brillante biografia di Nazim Hikmet, Joyce Lussu racconta in prima persona il loro rapporto di amicizia, facendo emergere con abili pennellate sia l’Hikmet uomo che l’Hikmet poeta, senza tralasciare aneddoti curiosi come la rocambolesca fuga da Istanbul.

Taiye Selasi “La bellezza delle cose fragili”

Adesso fissa le cose che brillano, catturato da tanta bellezza, e sa quello che già sapeva tanti inverni fa: quando ci si trova davanti a qualcosa di fragile e perfetto in un mondo che è brutto, terribile e crudele, conviene non dare nomi. Meglio fingere che la cosa non esista.
E una seconda fitta ora, perché la perfezione esiste, si ostina a esistere nelle cose piú vulnerabili, incurante del fatto che Kweku si rifiuti – un rifiuto ammirevole per la logica che lo motiva – di accoglierla nel suo cuore e nella sua mente. Perché la logica inclemente, la disgrazia di chi è dotato di lucidità, gira e rigira, lo spingono sempre a sbattere la testa contro lo stesso muro: (a) la futilità della visione, a fronte della fatalità della bellezza, soprattutto della bellezza insita nelle cose fragili e in un posto come quello, dove una madre ancora sporca di sangue è costretta a seppellire il figlio appena nato, sciacquarsi con un tubo di gomma per poi tornare a casa a schiacciare patate dolci; (b) la persistenza della bellezza, proprio nelle cose piú fragili: una goccia di rugiada all’alba, una cosa destinata a finire nel giro di qualche istante, in un giardino, in Ghana, il Ghana, terra rigogliosa, morbida, verde, dove le cose fragili muoiono.

Joan Didion ” Diglielo da parte mia”

Boca Grande è la capitale di un piccolo stato del Sud America, uno di quei paesi da un colpo di stato all’anno dove non cambia mai niente. Un giorno a Boca Grande arriva Charlotte Douglas, una donna nordamericana smarrita e magnetica. Nessuno sa chi sia, cosa cerchi o cosa ci faccia a Boca Grande. A raccontarci la sua storia è Grace Strasser-Mendana, donna fra le più in vista della città, appartenente “a una delle cinque o sei famiglie solvibili del paese”: «Lasciò un uomo, ne lasciò un secondo, tornò a viaggiare col primo, lo lasciò morire solo come un cane, perse una figlia a beneficio della “storia”, e un’altra a seguito di certe “complicazioni”. Poi arrivò a Boca Grande». In Diglielo da parte mia Joan Didion racconta la vita di Charlotte: una donna bella e di classe, ricca e affascinante, che in cuore non ha altro che confusione e vuoto: la vita le ha fatto delle promesse (una famiglia, l’amore, la serenità) ma lei le ha fraintese, ha perso delle persone care, si è trovata sola, e ora è arrivata a Boca Grande per dimenticare, accompagnata solo dal suo fascino.

Yasmina Reza “Felici i felici”

“Felici gli amati e gli amanti e coloro che possono fare a meno dell’amore. Felici i felici”: le due ultime «beatitudini» di Borges, che Yasmina Reza inscrive sulla soglia di questo romanzo, ci indicano la via per penetrare nel fitto intreccio delle vite che lo popolano. Perché la felicità – nell’a­more o nell’assenza di a­more, all’inter­no di una coppia o al di fuori di ogni legame – è un talento: e di tutti i personaggi che a turno consegnano al lettore confessioni a volte patetiche, a volte grottesche, a volte atrocemente comiche, si direbbe che quasi nessuno lo possegga. In un sottile gioco di echi, di risonanze, di contrappunti – tra amori inaciditi e rancori mai sopiti, illusioni spezzate e fughe nel delirio –, le voci che si avvicendano, quasi incalzandosi, tessono un ordito i cui fili (tenui in alcuni casi, in altri pesanti come catene) collegano molteplici destini, tutti segnati dall’impervia difficol­tà del­l’incontro con l’altro. Con una scrittura di chirurgica precisione, capace di muoversi tra i registri più vari, in un susseguirsi di scene in cui sempre lampeggia il genio della donna di teatro, Yasmina Reza è abilissima nel far affiorare, appena sotto la superficie smaltata delle apparenze, solitudine e violenza, disperazione e risentimento.

Alexandra Sheiman “Diario perduto di Frida Kahlo”

Un piccolo altare con mazzi di fiori gialli di tagete, pani zuccherati, fotografie piene di nostalgia, incensi dalle fragranze mistiche, candele e pietanze prelibate. Nell’esotica Casa Azul di calle de Londres, a Coyoacàn, tutto è pronto per ricevere il misterioso messaggero che, ogni anno il due di novembre, puntuale viene a far visita a Frida Kahlo. Ma la pittrice ha deciso: questa sarà l’ultima volta, l’ultimo incontro con colui che, in cambio di quelle elaborate pietanze, da troppo tempo rimanda l’appuntamento di Frida con la Morte. Perché l’artista prodigiosa, donna fragile e indomita, rivoluzionaria, amica e amante di personaggi straordinari come André Breton, Tina Modotti, Lev Trotsky, era destinata a morire a diciotto anni, nel drammatico incidente che invece, in virtù di un patto fin qui scrupolosamente onorato, la restituì alla vita e alla sua arte. Solo per inchiodarla – con la schiena a pezzi e le ossa rotte – al letto in cui trascorrerà anni interi a dipingere autoritratti e a osservare la propria immagine riflessa nello specchio sopra il baldacchino. Frida, la donna minuta, appassionata e sofferente che amava la vita e si augurava di uscirne “gioiosa e di non tornare mai più”, rivive in questo romanzo colorato, sensuale e sorprendente come i suoi quadri.

Chiara Gamberale “Per dieci minuti”

I dieci minuti che ogni giorno dedichi a te. Dieci minuti, tutti i giorni, per un mese. Il tempo necessario per fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non hai mai fatto prima. Dieci minuti per lasciarsi alle spalle tutto, per cercare di non accorgersi che tutto ciò che avevi non è più tuo, che non sei più ciò che eri, che la vita come la conoscevi non sarà più la stessa. Dieci minuti al giorno per riuscire a guardare avanti e non voltarsi indietro, evitando di contemplare le macerie di ciò che è stato. Per dieci minuti è un romanzo in cui Chiara Gamberale racconta il superamento di un dolore.

 

Jenny Erpenbeck “E non è subito sera”

La storia inizia in Galizia, ai primi del Novecento. Una giovane coppia ha appena perso la propria bambina di poche settimane. Cosa le sarebbe successo se la sua vita non si fosse interrotta? Quale destino le sarebbe toccato? Dopo un brevissimo intermezzo si ottiene la risposta e la bambina è ora una diciottenne innamorata nella Vienna di inizio secolo. E se lei non fosse morta tragicamente quante altre esperienze avrebbe vissuto? Sarebbe per esempio potuta scappare a Mosca in fuga dalle persecuzioni naziste e, se lì non fosse stata eliminata nelle grandi purghe, sarebbe potuta diventare un’affermata scrittrice glorificata dalla Ddr. E forse se non fosse caduta dalle scale, avrebbe potuto assistere quasi novantenne alla caduta del Muro e spegnersi, questa volta irrevocabilmente, in una casa di riposo berlinese.

Suad Amiry “Golda non ha dormito qui”

Di cosa è fatta la bellezza di una casa, se non della vita di chi la abita? Ma quando accade che un intero popolo si trovi all’improvviso espropriato delle sue dimore, la domanda che passa, amara, di bocca in bocca è soltanto una: che fine fa quella bellezza, e che fine fa l’anima di chi in quelle case, in quei palazzi, in quei giardini, ci ha vissuto, ci ha pianto e ci ha gioito, per una vita intera? Questa storia ha inizio nel 1948, quando gli inglesi, partendo da Israele, lasciarono due popoli in lotta: l’uno con tutto, l’altro con niente. Suad Amiry, palestinese, racconta quella perdita inestimabile, quella dei muri con dentro le anime, la memoria, i gesti, gli affetti. Muri a cui oggi, ai vecchi proprietari di sempre, è addirittura proibito avvicinarsi, è preclusa la vista, la memoria delle sensazioni. Come all’architetto Andoni, che vorrebbe tornare nell’abitazione che ha progettato e costruito, il “suo gioiello”, e scopre in tribunale di non poterlo fare in quanto “proprietario assente”; o come a Huda, che preferisce testardamente la cella alla condanna di non poter rientrare nella casa dei genitori. Insieme agli effetti di un conflitto storico che dura da allora, Suad Amiry, con profonda grazia e humour dissacrante, si confronta con un tema universale e potente com’è quello della casa, che finisce per coincidere con la nostra stessa identità, con la nostra stessa, comune, storia.

Julie Maroh “Il Blu è un colore caldo”

Il primo sguardo tra due persone destinate a innamorarsi può essere un evento sconvolgente: una scossa destinata a far tremare le fondamenta di una vita banale, un’esplosione di colore che ravviva un mondo altrimenti grigio. È quello che accade a Clémentine 15 anni, in un pomeriggio qualsiasi, quando una macchia di colore si fa strada verso di lei tra la folla: una testa dai capelli tinti di blu, un paio d’occhi dello stesso colore che per i mesi a venire invaderanno, notte dopo notte, ogni suo sogno. Eppure, la storia di Clementine non è solo una storia d’amore. È una storia di vergogna, di negazione, di rabbia, di insicurezza: perché il nome della sua ossessione è Emma, e in un mondo intriso di pregiudizi vivere la propria omosessualità alla luce del sole può provocare fratture emotive insanabili, e deviare per sempre il corso di un’esistenza.