Damasco, Suad Amiry, Feltrinelli, 16 euro
“Chi ha detto che la Siria dei primi anni sessanta del secolo scorso fosse meno divertente dell’Europa di oggi?”
“Damasco” è forse il libro più complicato ma anche il più intenso della scrittrice siro-palestinese Suad Amiry. Al centro la storia della sua famiglia nata con il matrimonio del siriano Jiddo e della palestinese Teta nel 1926, prima che gli occidentali tracciasero con il righello i confine e la Grande Siria comprendeva la palestina, il libano, l’iraq e la giordania. Capitale di questa grande terra, l’antica, prosperosa e affascinante Damasco, con il suo palazzo più ricco Beit Jiddo, casa della famiglia Baroudi. Tramite le voci dei personaggi quasi esclusivamente femminili, Suad Amiry ci racconta le consuetudini, gli intrecci, gli amori e le difficoltà della nobiltà, ma anche della servitù fino alla presa del potere in Siria di Hafiz al-Asad nel 1971. In particolare la storia di Karimeh, donna non sposata che adotta una bambina e della capofamiglia Laila donna austera e tiranna spesso in viaggio per seguire la sua amante. Da Damasco e Beirut a Gerusalemme ad Amman un’unica grande famiglia per un unico territorio che la scrittrice ci fa magnificamente scoprire tramite gli odori, le spezie, il marmo, il cibo, l’acqua. Un libro molto bello che racconta tanto di quella terra da decenni ormai devatastata dalla guerra e spesso raccontata solo come fondamentalista, ma che invece ha vissuto decenni di libertà, incontri e ribellione comunista.
Un libro importante che restituisce alla progressista Grande Siria il ruolo di avangardia culturale e sociale del mondo arabo distrutto dagli europei e dai confini coloniali da noi creati. E così Damasco perde la centralità del suo suk con i suoi scambi commerciali per lasciare spazio al petrolio e alla nascita delle monarchie del golfo persico.
Ma questa è storia contemporanea.
Autobiografia di una femminista distratta, Laura Lepetit, Nottetempo, 12 euro
“Raccontiamoci le nostre storie, per non vivere di riflesso, per non dover scegliere di essere sempre Madame Bovary o Giovanna D’Arco”. Una raccolta sbadata ma anche incantata, quotidiana e intima insieme, di riflessioni e pensieri di Laura Lepetit, fondatrice della casa editrice La Tartaruga che dal 1975 al 1997 in Italia ha pubblicato solo donne.
Tra le pagine gli aneddoti sulle scrittrici più o meno note (molte diventate famose solo negli ultimi anni dopo essere state ripubblicate dalle grandi casi editrici) si mescolano a quelli sulle piante, sui gatti, sulle amiche e compagne di Laura, le donne del femminismo milanese degli anni 70 tra cui Carla Lonzi
La storia di una donna con la quale come libraie e come femministe abbiamo un grandissimo debito per il contributo dato alla diffusione delle parole e del pensiero delle donne.
L’Anno Breve di Caterina Venturini, Rizzoli, 19 euro
L’anno breve è l’anno scolastico, è il ritmo delle stagioni che si alternano – a volte allineate e a volte in contrasto – con il periodo di insegnamento della professoressa Ida Ragonese nella nuova scuola, o meglio nel nuovo ospedale. Ida insegna a dei giovani ragazzi e ragazze malate o in guarigione, o terminali la letteratura. Emergono le vite e i corpi delle giovani e dei giovani pazienti nel loro ruolo di studenti, conquista uno spazio la docente che tramite l’insegnamento intesse delle relazioni con i ragazzi, che sopporta il peso di una precarietà di lavoro estrema e una condizione di perenne incertezza data anche dallo scorrere di un tempo dell’ospedale perennemente anestetizzato, disciplinato e sospeso. Una carrellata di personaggi, di situazioni ripetitive ma sempre diverse; e poi una sospensione invernale, un ricordo della sua adolescenza che interrompe la routine delle giornate per far sprofondare la protagonista nell’abisso di quell’età e di quel ricordo mai risolti. Un libro molto bello, intenso, lucido, a volte crudele, ma sempre pieno di un’umanità che resiste perchè può parlarsi e può raccontarsi tramite la letteratura e l’insegnamento.
La brigata dei reietti di Sophie Henaff, Einaudi 18,5 euro
Sarà il primo di una serie, sono sicura che vedremo ancora la commissaria capestan, impermeabile, ballerine e un senso della giustizia molto personale. Il suo carisma si esprime nella capacità di tirare fuori il meglio da ognuna delle persone “indesiderabili” che le vengono assegnate per costruire una squadra ai margini della polizia parigina e della legalità. È un libro da intrattenimento, che non vi chiede grande impegno ne’ empatia, scorre via leggero e alla fine penserete che l’improbabile brigata e’ proprio simpatica.