Nelle Marche di Serra dei Conti d’inizio ‘900 il romanzo ci trasporta dentro l’Italia rurale della mezzadria, l’anarchia dei moti della settimana rossa, un convento di clausura e la prima guerra mondiale. I due due fratelli Ceresa, figli di fornaio – Lupo e Nicola – sono i protagonisti: l’uno opposto dell’altro, ma entrambi vivi proprio perché esiste l’altro, in un gioco costante tra doppio, fratellanza, erotismo e conflitto. Lupo è anarchico come il nonno e lotta per la giustizia, è un ragazzo di bosco, coerente, coraggioso e selvaggio. Nicola invece è un ragazzo di mollica, incapace e inadeguato alla vita, protetto dall’ombra del fratello, ed è proprio lui che finirà spedito in guerrra (è un ragazzo del ‘99), che vedrà e sopravviverà all’orrore. Parallelamente leggiamo la storia di un monastero dove Suor Clara (Zari, una bambina rapita in Sudan divenuta la prima abbadessa d’Italia) e Suor Nella (legata alla famiglia di Lupo e Nicola) resistono attraverso la sorellanza al potere clericale che non le vuole più lì. Suore e contadini hanno in comune il duro lavoro e il non possedere nulla. Il monastero di clausura – nelle sue istanze più radicali e feroci ma lontanissimo dal potere – è così in qualche modo vicino alle utopie del l’anarchia nella sua più sincera forma del credere e lottare per un mondo senza oppressioni.
La grande Storia e le piccole storie si incontrano in questo libro bellissimo, dove personaggi, trama e intreccio si compongono grazie ad una scrittura precisa, documentata ed evocativa. Al suo secondo romanzo Caminito ci regala un libro che crediamo rimarrà anche quando forse “un giorno verrà “ Consigliatissimo.