Le figlie del nord

Siamo in una Inghilterra futura dove l’ecosistema è completamente distrutto e dove la procreazione delle donne è tenuta sotto controllo in maniera oppressiva e invasiva. Sorella (questo il nome che si sceglie la protagonista) non ha figli ma un marito che decide di lasciare per recarsi verso Carhullan, una lontana fattoria del nord dove vivono un gruppo di donne resistenti e del tutto isolate. Inizia così il viaggio e il racconto di questa donna, un racconto che lei farà postumo da carcerata. Inizia così il viaggio di Sorella verso un posto che non sa neanche se esiste ancora. Una bellissima storia di donne, di come si sono strutturate per resistere alla Riorganizzazione sociale. Una descrizione minuziosa di come potrebbe essere una fattoria, ma anche una società gestita dalle donne. La loro è una comunità non perfetta, piena di contraddizioni, nella fattoria ognuna ha un compito ma allo stesso tempo è libera di fare quello che preferisce nel privato, purché non dia noia all’andamento della comunità stessa. Il comando è affidato a Jackie, la fondatrice, una donna all’apparenza autoritaria ma che con metodi a volte duri cerca di rafforzare lo spirito e l’autostima de Le figli del nord. Ma il Potere si sa che non permette nè sacche di resistenza nè isole autogestite, è che così che decide di attaccarle.

Ci siamo convinte che i cambiamenti avvengono sempre altrove, vero? Ci siamo abituate ad aspettare, a sperare di essere salvate, a sperare che chi comanda faccia le riforme e riformi anche noi. […] Nessuno ci aiuterà, Sorelle. Ci siamo solo noi. Quindi perché non può succedere qui? Perché non può succedere adesso?