Chiara Ingrao riesce a scrivere sempre il libro giusto al momento giusto.
Linù aveva vinto una borsa di studio per continuare la scuola anche dopo la terza media, ma la mamà aveva deciso di portarseli tutti alla Germania, li picciriddi. Siamo nella Sicilia del 1962 quando intere famiglie emigravano al nord per trovare lavoro e si aiutava anche i compaesani ad entrare clandestinamente nelle città, perché il permesso di soggiorno non è un foglio arrivato oggi ma un permesso che gli italiani emigranti hanno conosciuto molto bene. Chiara Ingrao ci racconta a volte in dialetto siciliano a volte con quell’italiano che si imparava a fatica, la storia di Lina fino al 2006, una storia fatta di continui spostamenti e di incontri con persone che si spostano. Ma soprattutto con i “fantasmi di oggi, rimescolati a quelli di domani e di ieri: passato e futuro si confondono spesso, nelle vite dei migranti”. Un romanzo su molte donne delle nostre famiglie, dal lavoro in fabbrica alle pulisci-culi, donne di ieri e donne migranti di oggi che vivono le stesse condizioni e a cui diamo gli stessi appellativi. Ma anche una storia di incontri tra donne da varie parti del mondo, che lottano contro i pregiudizi e i luoghi comuni.