Recensione a cura di Sarah
Con Ragazze cattive, la coreana Ancco non risparmia nessuno. La protagonista, Chinju, è una fumettista trentenne, che evoca la sua adolescenza alla fine degli anni novanta a Seul. Attraverso un disegno in bianco e nero asciutto e tagliente, corredato da pochissime parole, l’autrice racconta la durezza della condizione di adolescente in Corea del Sud. Le tavole alternano lo sfondo bianco e quello nero, dando così al volume un’atmosfera molto particolare. Ne esce fuori il ritratto di una società patriarcale pervasa dalla violenza, alle prese con il collasso economico e la tutela del Fondo Monetario Internazionale.
I flash back strutturano la narrazione e riportano Chinju ai tempi della scuola, facendo riemergere « notti buie e strani odori ». A quel tempo, lei era il « tamburo del quartiere ». Picchiata dal padre, un piccolo imprenditore colpito come molti dalla crisi finanziaria, dai professori, ansiosi di rimetterla sulla retta via, dai vicini, dai fidanzati. Attorno a Chinju ci sono altre « ragazze cattive » accomunate dai sopprusi subiti, che scelgono, nonostante i pugni, gli stupri, e tutte le tragedie che segnano le loro vite, di continuare a fare quello che hanno voglia di fare : fumare, ubriacarsi e persino divertirsi.
Si delinea così una spietata galleria di personaggi maschili capaci di esprimersi solo attraverso la violenza e l’opressione. Una violenza sistemica che invade ogni ambito della società e di cui le donne non sono esenti. La madre di Chinju, che all’occorenza colpisce sua figlia, arriverà a pagare una professoressa perché smetta di picchiare la figlia. Dal canto suo, anche Chinju diventa una bulla a scuola e picchia le studenti più giovani.
Nella società in cui la protagonista vive la sua adolescenza, i legami sono estremi e il consenso non esiste. Resta in sordina, nell’alternarsi di passato e presente, la realtà odierna della Corea del Sud. Se i rapporti familiari di alcune delle ragazze cattive sembrano meno violenti, si evince ad esempio che fumare per le donne continua ad essere stigmatizzante. La forza narrativa di Ancco risiede nella sua capacità a narrare tutto ciò in modo sottile. Le protagoniste non vengono mai dipinte come vittime, né si vivono come tali, cercano di resistere come possono, condividendo il loro vissuto. Il legame tra le ragazze cattive svolge un ruolo essenziale in questa resistenza.
Quando Chinju scappa verso l’agognata libertà, con la sua amica del cuore Jeong-ae – che viene da una famiglia che versa in condizioni economiche più precarie – si ritrova in un bar di prostitute dove impiegati di mezza età allungano le mani su di loro. Lei scappa, Jeong-ae è insieme a lei. Ancora per poco. Preferirà liberarsi dai legami fallati con gli adulti scegliendo la via della prostituzione e scomparendo poco a poco dal mondo adolescenziale di Chinju, lasciando un vuoto che la protagonista si porta dietro anche nella sua vita adulta e che fa di lei una sopravvissuta.
In questo viaggio verso l’emancipazione, le perdite sono numerose, e l’unica figura positiva incontrata sulla strada è quella della proprietaria del bar di prostitute che la rimanda verso casa. Eppure non ci sono condanne, nonostante i colpi e le cicatrici che segnano il suo corpo. « Non mi vergogno delle esperienze che ho vissuto…è come se non mi appartenessero più » dice la narratrice dopo avercele consegnate con un certo senso di estraniamento.