Recensione di Cristina
E’ stato un caso letterario questo libro di Dorothy Allison e questo perché racconta di un problema che negli Stati Uniti D’America è molto sentito ed evidentemente anche molto diffuso. Le violenze sui minori. In questo caso quelle subite dal suo patrigno da Ruth Anne Boatwright, per tutti Bone. Lei è la bastarda della Carolina, non essendo stata riconosciuta dal padre, ha scritto questo sul certificato di nascita. L’ossessione di quella parola porterà la madre a sposarsi di nuovo per farla riconoscere ed avere finalmente tolto quel bastarda dall’anagrafe.
Ambientato in una cittadina del South Carolina negli anni Cinquanta, ricco di riferimenti autobiografici, non puoi da subito non innamorarti di Bone, una ragazzina con sangue Cherokee che non nasconderà mai le violenze che sta subendo dal patrigno, ne mai si sottometterà. Pur essendo forte sarà il rapporto con la madre quello che le farà più male. Un rapporto profondo, forte, sviscerato dalla scrittrice in maniera dolce ma dura e che mette a nudo le difficoltà, la forza ma spesso anche la debolezza delle donne, soprattutto delle madri.
A pochi anni dalla sua pubblicazione, il romanzo fu al centro di una controversia legale quando una scuola decise di proibirne la lettura agli studenti; in sua difesa si schierarono anche Stephen King e la moglie Tabitha, che distribuirono copie del volume nelle biblioteche del Maine perché potesse essere letto gratuitamente.
Dorothy Allison è considerata l’erede di una grande tradizione letteraria «sudista» che annovera, tra le sue più grandi esponenti, Katherine Anne Porter, Flannery O’Connor e Carson McCullers. Autrice di racconti, memoir e saggi, tra i suoi titoli più significativi annoveriamo Trash e Two or Three Things I Know for Sure. La bastarda della Carolina, il suo primo romanzo, è stato finalista al National Book Award e portato sugli schermi americani da Anjelica Huston.